#Tonale all’alba con gli sci a Pasqua

Le prime luci dell’alba, l’aria frizzante, la neve immacolata e un paesaggio mozzafiato… Se volete provare l’emozione di scendere con gli sci ai piedi alle prime luci dell’alba, con la neve che scricchiola sotto i piedi e il sole che spunta all’orizzonte fatevi trovare il 31 marzo al Tonale sunrise dove da Pontedilegno sarà possibile raggiungere la vetta all’alba. Un’occasione unica, io l’ho provata qualche settimana fa a Pejo 3000 ed è stata una emozione indimenticabile. Dovete però avere un alleato con voi che vi assiste, ovvero il tempo. Perché se il cielo è coperto, se nevica o piove lo spettacolo è inavvicinabile. Ma se le previsioni vi sono favorevoli, fatevi trovare pronti per una Pasqua diversa.

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Per l’occasione gli impianti di risalita sono aperti già a notte fonda fino al rifugio Panorama 3000 Glacier. Il ritrovo è alla Cabinovia Paradiso alle ore 05:15 di sabato 31 marzo per il ritiro degli Sky Pass: il mattino è ancora gelido e consola una calda tazza di tè un tepore che ci accompagnerà per la salita. Per chi preferisce evitare la levataccia,  può raggiungere il Rifugio Capanna Presena già il venerdì sera e passare momenti di relax al centro wellness, cena a base di specialità trentine e pernottamento nel silenzio dell’alta montagna. Il ritrovo con il gruppo sabato mattina direttamente in rifugio.

L’emozione di assaporare l’alba tra le alte quote della Val di Sole, la magia dei primi raggi di sole che illumina di calde sfumature i cristalli di neve, la discesa adrenalinica sulle piste immacolate, è una esperienza per pochi fortunati. La giornata inizia di buon’ora con la prima salita alle 05:30 fino al Passo Presena a 3.000 metri per raggiungere il nuovo ski bar Panorama 3000 Glacier in attesa del magico spettacolo dell’alba immerso in un panorama sconfinato che spazia su Adamello, Pian di Neve, Lobbie, Mandrone e Presanella. E’ il momento delle foto per immortalare questi momenti unici.

Dopo un frizzante risveglio in alta quota una tazza di latte caldo di certo non si rifiuta, soprattutto se accompagnata con una ricca ed energetica colazione dai sapori locali dolci e salati ad alta quota. In sottofondo le vibrazioni musicali di un emozionante concerto sul tetto dell’Adamello della band «In Full Swing Trio». 

Un ottimo inizio per una giornata ricca di emozioni…ed ora la parte migliore! La prima discesa sulle piste immacolate in compagnia dei maestri di sci, per poi continuare la nostra giornata nella Skiarea Pontedilegno Tonale per una esperienza  indimenticabile.

La giornata continua perché sciare sul  comprensorio Pontedilegno-Tonale è una delle destinazioni sciistiche più   apprezzate di tutto l’arco alpino. Situato al confine tra Lombardia e Trentino, offre un unico grande carosello sciistico di 100 km di piste che si sviluppano nella natura incontaminata del Parco Nazionale dello Stelvio e del Parco dell’Adamello.

Dal Passo Tonale, la cabinovia Paradiso porta ai 2.585 m di quota del Passo Paradiso: è la porta del ghiacciaio che si dispiega guardando in su fino ai 3.069 m di Cima Presena. Un ghiacciaio tutto da sciare, dal tardo autunno alla primavera inoltrata. La ski area di Ponte di Legno è collegata sci ai piedi a quella di Temù e, tramite una cabinovia, a quella del Passo Tonale. Ci troviamo all’interno del Parco dell’Adamello: le piste di Ponte di Legno sono tutte disegnate in mezzo a fitte abetaie in uno scenario di incomparabile bellezza. Il Tonale si presenta come un ampio anfiteatro naturale completamente esposto al sole.

Ghiacciaio Presena (Ph. Caspar Diederik Storytravelers) (11)

La nuova cabinovia Presena porta in soli 7 minuti da Passo Paradiso (2.585 m) a Passo Presena (3.000 m), il punto più alto del ghiacciaio.  Da Passo Presena si gode di una vista spettacolare sul Pian di neve, il più vasto ghiacciaio delle Alpi italiane, e sul gruppo dell’Adamello; grazie a questo nuovo impianto tutti, anche i non sciatori, possono finalmente ammirare questo incredibile panorama. Due nuovi rifugi offrono la possibilità di fermarsi per una pausa o per trascorrere la notte… l’ideale per chi sogna un risveglio ad altissima quota.

Il ghiacciaio dell’Adamello è l’arena ideale per lo scialpinismo, per vivere momenti emozionanti nel regno delle nevi e dei silenzi, fra cime immacolate.  Nell’incantevole paesaggio offerto dal gruppo Adamello-Presanella e grazie agli impianti di risalita, a vostra disposizione c’è una vasta gamma di itinerari con diversi gradi di difficoltà in neve alta e polverosa. Pian di neve, Mandrone, Lobbia Alta, Cresta Croce, Adamello, Venerocolo alcune delle più famose destinazioni.

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Nel comprensorio Pontedilegno-Tonale si trovano alcuni dei fuoripista più suggestivi di tutte le Alpi, che ti faranno vivere la magia del freeride e dello sci alpinismo in tutta sicurezza.

Fat Bike al Passo Tonale (Ph. pontetonale.bikeTecnoBike Italia) (4)

Provate l’emozione della fat bike: scendere e salire in mountain bike non è mai stato così divertente se riuscirete a tenere l’equilibrio. Seguirete itinerari mozzafiati nei boschi oppure affiancando le piste da sci. Da non perdere la discesa di notte dopo essere saliti con gli impianti una esperienza da non perdere.

Passo Tonale (Ph. Mauro Mariotti) (7)

I grandi spazi incontaminati del Tonale sono un vero paradiso per gli snowboarder. Soprattutto dopo una bella nevicata: in molti si danno appuntamento qui, per godersi il piacere di qualche discesa in piena libertà sulla neve fresca.

Per chi non si accontenta può raggiungere il comprensorio di Folgarida-Marilleva un comprensorio a cui sono collegati anche Madonna di Campiglio e Pinzolo, con 150 chilometri di piste e 62 impianti di risalita nel cuore delle Dolomiti di Brenta. È possibile raggiungere la ski area direttamente dalla Val di Sole grazie a 4 cabinovie: due direttamente da Folgarida, una dal centro della valle, e precisamente da Daolasa e una da Marilleva.

Senza dimenticare il Parco dello Stelvio dove in una valle che si estende fin sotto le cime più famose del Gruppo Ortles Cevedale, la località di Peio, il più alto Comune del Trentino, è la più antica stazione turistica della Val di Sole.  Con la funivia «PEJO3000» e la nuova pista Val della Mite, la Ski Area Pejo 3000 è la nuova meta che si può vivere al mattino all’alba pernottando al rifugio lo Scoiattolo dove ci si sveglia e ci si può mettere  subito gli sci ai piedi.

 

 

Alla lotteria di Bruce Springsteen

C’è la giornalista free lance, la coppia di pensionati californiani, un francese incanutito, il fan di Freehold nel New Jersey dove Bruce Springsteen è nato e ci intrattiene con aneddoti sulla sua casa d’infanzia che non esiste più, la chiesa, il parroco, i giornalisti che ogni tanto arrivano in questa località lontana dai percorsi turistici. Siamo tutti in fila per la cancellation list davanti alla porta del Kerr Theatre a Broadway, New York, in attesa che qualcuno rinunci al concerto del 20 ottobre di Bruce #Springsteen. Le porte si aprono alle 7pm e abbiamo un’ora per sapere se saremo toccati dalla fortuna oppure dovremo tornare la sera dopo. I newyorkesi vengono quasi tutte le sere a provare la sorte alla cancellation list, ormai diventato un appuntamento fisso. L’alternativa è la lottera: ogni settimana viene messo un biglietto all’asta per 75 dollari, il prezzo originale. Questo perché il teatro è sold out fino a febbraio e i prezzi sono alle stelle da un minimo di 500 dollari ai mille in sù. La notizia è che probabilmente lo spettacolo a Broadway sarà prolungato fino a giugno e si parla di un tour in giro per i teatri di tutto il mondo.

L’appuntamento fisso di Broadway. Intanto noi siamo qui a New York, a Broadway e abbiamo appena assistito all’arrivo di Bruce e Patty al teatro, anche questo ormai un appuntamento fisso, la nuova attrazione di New York. Tutte le sere una schiera di fun si danno appuntamento davanti al Kerr Theatre e attendono che il Boss scenda dalla sua auto e se sei fortunato si ferma, stringe mani e firma autografi. Uno spettacolo nello spettacolo, insomma: puoi vederlo a pochi metri, guardarlo negli occhi, chiamarlo e lui se è di buon umore risponde. La mia serata è stata quella della firma di due palle da baseball e della sua dedica Go Yankee (vedi video). Quella dopo, invece, è entrato velocemente in teatro senza fermarsi se non pochi secondi per firmare qualche autografo. Devi essere fortunato a trovarti sul lato giusto. Alla mia serata era proprio lì sul mio lato e potevo vederlo a pochi metri. Ero già contenta così, con la maglietta del concerto in mano quando mi indicano la fila delle cancellazioni. Tento la sorte.

Alla lotteria di Bruce Springsteen. Ci contiamo, io sono l’ottava, mi dicono che ogni sera non ci sono più di una decina di cancellazioni. Guardo le persone arrivare, soddisfatte con il loro biglietto in mano, perfino disabili che per nulla al mondo rinuncerebbero al concerto. Giovani e meno giovani, il pubblico di Bruce è come agli stadi, ma qui partecipa chi agli stadi proprio non va. Mentre sfilano gli spettatori, noi siamo qui in fila ad aspettare l’esito delle cancellazioni, nell’attesa i fun raccontano i loro aneddoti, chi gli ha stretto la mano durante la presentazione del libro biografico lo scorso anno, e poi i concetti, chi è venuto a Roma al Circo Massimo lo scorso anno, chi è arrivato a vedere 4 concerti negli States, beh se paghi un biglietto aereo per venire in Europa, puoi pagare anche 500 dollari al Kerr Theatre di New York, penso dentro di me. Ecco che arriva la ragazza del box office. Ci sono due biglietti uno da 500 dollari e l’altro da 750 dollari. Non ci posso credere: questo non è il secondo mercato, questo è il box office the Kerr Theatre vuol dire che chi non si è presentato aveva acquistato il biglietto a quella cifra. Non dovevano costare 175 dollari? Dove sono finiti quei biglietti? E soprattutto chi si aggiudicherà i primi biglietti? La regola è questa: ti chiamano, il box office ti dice qual è il prezzo del biglietto, se ritieni che sia troppo alto, allora torni in fila e aspetti il prossimo giro nella speranza che ci sia un altro biglietto a disposizione e soprattutto che costi meno del primo.

Nulla è scontato alla lotteria di Bruce Springsteen. La prima ad essere chiamata è una signora americana: è arrivata alle due del pomeriggio ed è riuscita a farsi autografare la foto da Bruce. E’ la sua serata: pagherebbe qualsiasi cifra per conquistare un biglietto. Con determinazione si fa avanti e sgancia la bellezza di 500 dollari. E’ la donna più felice della terra. Il secondo è il francese incanutito: non fa una piega anche lui e compra il biglietto a 500 dollari.  Sembra un bambino, non pensava di farcela. Il terzo biglietto lo compra la giornalista free lance per 750 dollari!!! Quando esce dal botteghino è ancora incredula non pensava neppure lei di comprarlo, ha chiamato la madre senza dirle quanto ha pagato il biglietto. Poi viene il mio turno: che cosa farò? Non sono preparata a pagare tanto… Arrivo al box office: il mio biglietto è lì che mi aspetta per la modica cifra di 500 euro. Non faccio una piega e rifiuto l’offerta, sperando in un altro giro di giostra. Naturalmente quello dopo di me lo acquista senza battere ciglio.

Chi stabilisce il prezzo dei biglietti. Dopo qualche turno si ricomincia: una coppia non si è presentata. Andiamo io e John. Quando arriviamo al botteghino ci dicono 700 dollari…ciascun biglietto. What??? Ho rifiutato quello da 500 dollari come posso accettare quello da 700??? Lo stesso fa John e il nostro posto lo prende la coppia di pensionati californiani: “Sa, mio marito è un gran fun di Springsteen e ripartiamo domani per San Francisco” si giustifica. I biglietti sono finiti, il concerto è iniziato e a noi non resta che la lotteria.  Nessun concerto, ma è stata comunque un’esperienza dalla quale esco con qualche domanda: questi biglietti venduti a queste cifre non hanno nulla a che vedere con il secondo mercato, è il box office del Kerr Theatre che li vende a queste cifre stratosferiche.  E ancora, quanto vale una passione? Trovo poco etico che chi canta di disoccupati e working class poi si faccia pagare 750 dollari il biglietto. Se poi votano Trump, non meravigliamoci.

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“Springsteen on Broadway” at the Walter Kerr Theatre in New York. (Rob DeMartin)

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Bruce Springsteen performs onstage during “Springsteen On Broadway” at Walter Kerr Theatre on October 12, 2017 in New York City.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vendicari, una riserva tra i fenicotteri rosa


Se volete provare l’ebrezza del deserto pur stando in Italia la migliore destinazione è la Riserva di Vedicari, in provincia di Noto (Sicilia) . Caldo torrido, vegetazione inesistente, terreno sabbioso, colori giallo ocra che diventano rossi al tramonto. A nulla serve buttarsi in acqua perché quando si esce in pochi secondi la salsedine dell’acqua marina diventa la seconda pelle e acqua dolce per lavarla via non esiste. L’estate del 2017 sarà ricordata come la più calda, ma a Vendicari lo è stato ancora di più.

La riserva è un angolo meraviglioso, tra la roccia e il mare, istituita nel 1984 in quella che un tempo erano le saline, oggi diventata una zona umida, tra dune e mare, dove tornano regolarmente a nidificare i fenicotteri rosa, la cicogna, l’airone, il cavaliere d’Italia, il gabbiano rosso. Si possono osservare all’alba e al tramonto quando i colori sono meno accessi e più sfumati. Le due spiagge più famose Calamosca e Martinelli sono completamente invase da turisti e ombrelloni di tutti i colori: l’acqua è cristallina e naturalmente calda. Se avete la forza di spingervi fino alla spiaggia Martinelli non ve ne pentirete: qui si pratica il nudismo e anche per questo è meno affollata e l’acqua è ancora più trasparente.

Sappiate che dall’entrata principale della tonnara, la spiaggia dista sette chilometri, non c’è possibilità di acquistare acqua e non ci sono chioschi. Attrezzatevi altrimenti rischiate di disidratarvi. Arrivando da Catania non è difficile trovare la riserva che è raggiungibile solo in auto: lungo la superstrada si supera Siracusa e all’altezza di Noto si trovano le indicazioni per la riserva e volendo anche per Calamosche raggiungibile senza passare dall’entrata principale.

Il punto di informazioni è un capanno all’ingresso principale (potete anche organizzare una visita guidata ambientale anche in bici, linocaruso90@live.com), l’entrata è gratis. Il primo segno distintivo è il capanno di osservazione degli uccelli dove al tramonto si possono scorgere colonie di fenicotteri rosa. Una volta raggiunto l’arenile si può procedere verso Nord o verso Sud. Nel primo caso muovendosi tra il sentiero e il pantano si incontrano la Torre Sveva, la Tonnara, il centro visitatori dove è ricostruita la storia della Riserva.

Il percorso costeggia la costa rocciosa e poco fruibile anche a causa della posidonia che ha invaso molti tratti della spiaggia.

Proseguendo verso Nord si trova un altro punto di osservazione (14 minuti) l’ultimo primo di affrontare l’attraversata che porterà a Calamosche. Con una deviazione di 18 minuti di raggiunge l’ingresso Calamosche mentre proseguendo lungo il percorso si raggiunge l’arenile Martinelli (altri 10 minuti).

Se invece ci si sposta verso sud, immersi nella vegetazione a macchia di ginepro, tra il litorale e le rive dei pantani di Roveto e Sichilli, si incontrano la Foce del pantano Sichilli con un punto di osservazione sul pantano omonimo fino all’ingresso Cittadella (30 minuti). Un’alternativa è entrare direttamente a Nord a Eloro nei pressi dell’area archeologica, meno segnata e difficile da individuare: procedendo verso sud si raggiungono l’arenile di Stampace, la foce del fiume Tellaro (5 minuti), gli arenili Martnelli e  Calamosche (20 minuti) e lungo la costa proseguendo verso sud i percorsi già descritti.

All’uscita ad aspettarvi il carretto dell’acqua ghiacciata e delle bibite. Non perdete l’occasione di gustarvi una granita al limone al Baglietto (0039 327 0124519)  un agritursimo dove fermarsi anche a mangiare qualche piatto tipico. 

La stagione migliore per la visita è in autunno e godere della spiaggia di Vendicari meno affollata ma con l’acqua marina ancora calda: a Natale si può fare ancora il bagno. La Riserva di Vendicari è una delle meraviglie della Sicilia insieme alla Riserva dello Zingaro sull’altro versante verso Trapani, meraviglie della natura da salvaguardare con tutti i mezzi e tutte le forze.

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#Torino, San Salvario un borgo che non dorme mai

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La movida di San Salvario

C’è un quartiere a Torino da scoprire: è il borgo di San Salvario vicino alla stazione di Porta Nuova e al Palazzo del Valentino diventato famoso negli ultimi anni per la Movida notturna e per i locali alternativi, i mercati, le botteghe ecologiche. Un quartiere che non dorme mai. Fino a qualche anno fa era una zona poco frequentabile per le tensioni multietniche, l’immigrazione e lo spaccio, oggi è diventato un quartiere modello dove accoglienza e condivisione sono divenute le parole chiave per la rinascita. Di notte la Movida non lascia tregua agli abitanti che regolarmente organizzano petizioni, finora senza successo, contro questa marea di giovani anima pulsante della vita notturna cittadina. Qui puoi passare da un locale all’altro bevendo senza spendere una follia. Lo spettacolo non sta dentro i locali ma fuori nei vicoli di San Salvario dove a fatica si riesce a passare a piedi, figuriamoci  in auto.

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La casa del quartiere

San Salvario è soprattutto il progetto pilota che Torino città metropolitana, in collaborazione con l’Asl e Slow Food hanno creato sul cibo inteso non come locali stellati e chef famosi, ma come buone pratiche quotidiane perché anche quando andiamo al bar a mangiare un panino vogliamo avere la certezza di ciò che mangiamo. Il progetto presentato nell’ambito del Festival del giornalismo alimentare è riuscito in poco più di un anno a costruire una rete di negozi, bar, caffetterie, focaccerie, pasticcerie, ristoranti, pizzerie, piole, bistrot tutte appartenenti al circuito “Feeding your fair“, ad indicare che in quel locale si aderisce alle buone pratiche del cibo. Elena Di Bella dirigente dei servizi di politiche sociali e di parità lavora per la città metropolitana alla selezione dei locali che devono dimostrare in primo luogo di non usare cibi che contengano polifosfati aggiunti, non devono utilizzare grassi idrogenati, neppure olii tropicali come l’olio di palma, oppure cibi precotti e formaggi fusi come le sottilette. “Cibo e salute non devono essere appannaggio solo di chi investe in prestigiose location, in immagine e in slogan salutistici perchè – spiega Elena Di Bella – ci sono operatori meno visibili, ma non per questo meno capaci, i quali scelgono con cura le materie prime si occupano della genuinità dei loro prodotti e prestano attenzione all’ambiente, alle disuguaglianze sociali e alla promozione della salute”.  Il giro dei locali non può prescindere da una visita alla casa del quartiere, un luogo di incontro e di socializzazione, con bar e ristorante al suo interno in via Morgari 14. Un tempo bagni pubblici oggi la casa del quartiere è una rete di strutture gestite dal quartiere stesso. Sulla piazzetta la Chiesa del Sacro Cuore dove si affaccia la casa di Natalia Ginzburg a cui è dedicata la piazza. La zona era abitata dalla comunità ebraica come testimonia la bellissima sinagoga poco distante e la sua piazza dedicata a Primo Levi.

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La Sinagoga

Il giro tra i maestri del gusto e le buone pratiche inizia da un negozio particolare Il Negozio Leggero in via Ormea 23 che vende prodotti senza imballaggi per ridurre la produzione dei rifiuti domestici. Vino, birra, pasta, detersivi per la casa, biscotti, legumi tutto è venduto senza imballo. I clienti arrivano al negozio portandosi i contenitori, bottiglie di vetro, in plastica, sacchetti che riempiono con gli alimenti. Un risparmio non solo per l’ambiente, ma anche per il portafoglio dal momento che la spesa quotidiana in questa modalità consente di risparmiare dal 30% al 70% rispetto all’equivalente prodotto confezionato.

Il giro a San Salvario continua tra le vie e i negozi del quartiere, il mercato storico presente fin dall’800. In via Madama Cristina 18 c’è Lait e Formagg, una latteria dove i prodotti sono selezioni con un’attenzione maniacale tracciando tutta la filiera della lavorazione dei latticini, una dedizione che ai gestori è valso il titolo di Maestri del gusto.

Il Negozio leggero

Il Negozio leggero

Il mercato

Il mercato

Al circuito delle buone pratiche alimentari non poteva mancare Verdessenza, l’ecobottega della sostenibilità in via San Pio V, 20 dove potere acquistare attraverso i Gas (i gruppi di acquisto solidali) e tra gli scaffali trovano spazio i prodotti del commercio equosolidale, i prodotti delle terre confiscate alla mafia e delle terre terremotate. Ad esempio la carne arriva solo dai produttori che garantiscono allevamenti sani con attenzione alla salute degli animali. Tra i bistrot e i ristoranti che aderiscono all’iniziativa la caffetteria francese Si Vu plé (via Berthollet 11) dove acquistare prodotti rigorosamente francesi di piccoli produttori d’Oltralpe,  a fianco l’insegna  Camaleonte per arrivare allo Spazio Mouv in via Pellico 3 dove Daniela e Margherita via accolgono non solo per degustare i loro piatti ma anche per visitare la mostra del momento con le tele esposte tra un tavolo e l’altro.

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Lait e formagg

Un locale casa e bottega perché a fianco del ristorante c’è la sede della loro agenzia di comunicazione e pubblicità. Qui trovano spazio i produttori delle Langhe di vino, frutta e verdura, noccioli fino ai famosi tajarin, le sfoglie di pasta tirata a mano e tagliate al coltello.

Agli appassionati del brunch da consumare tra colazione e pranzo, lo Spazio Mouv risponde con la merenda sinoira questa volta tra la merenda e la cena (sina significa cena), una tradizione che arriva da lontano quando nelle aie di campagna, al ritorno dai campi col sole che tramontava, i contadini si fermavano per scambiarsi due parole a casa dell’uno o dell’altro. La merenda sinoira era una cerimonia rituale improvvisata e nei cortili sotto le tòpie (pergolati) arrivavano i formaggi, salumi, acciughe al verde, uova sode, insalata russa, qualche carpione… pane casareccio e un pintone di dolcetto a completare. Il nostro giro termina da Affini dove degustare il vermouth con le fave di cioccolato. San Salvario è tutto questo e molto altro se questa storia vi ha incuriosito contattate i ragazzi delle Guide Bogianen (in torinese vuol dire testardo) per scoprire luoghi insoliti di una città che non si ferma mai.

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Il bar Affini dove degustare il vermouth con le fave di cioccolato

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Il castello del Valentino a San Salvario

#Etna, alle pendici del vulcano tra vigneti e fichi d’india

C’è un modo diverso per visitare l’Etna senza salire fino alle sue bocche: girarvi attorno in un ideale cerchio che parte da Catania e ritorna a Catania. Un piccolo trenino vi può aiutare in questo viaggio fuori dal tempo: è la Circumetnea, poco conosciuta dai turisti, ma che con soli 7 euro vi porta alle pendici dell’Etna dove in un lungo percorso di oltre cento chilometri si sale e si scende tra una natura piena di contrasti e di tradizioni.ferrovia-circumetnea Quando mi capita di scoprire questi gioielli mi chiedo perché andiamo così lontani nei nostri viaggi, a volte basta poco per sorprenderci. Le scoperte spesso sono casuali ed è quello che rende un viaggio speciale: potere raccontare di posti vicini o lontani ancora poco conosciuti e poco raggiungibili.

La ferrovia Circumetnea è una storia da viaggioslow: una ferrovia a scartamento ridotto, ad un solo binario che lungo una tratta di circa 110 Km, viaggia intorno all’Etna attraversando numerosi paesini ai piedi del vulcano e regalando ai viaggiatori suggestivi scorci del paesaggio lavico. Il percorso della ferrovia Circumetnea, inaugurata nel 1895, va dalla stazione di Catania Borgo fino a Riposto e viene percorso in entrambi i sensi di marcia attraversando Paternò, Adrano, Bronte e Randazzo. La Circumetnea non è un treno prettamente turistico, ma pensato per i pendolari, sebbene saltuariamente vengano organizzate anche corse puramente turistiche con littorine d’epoca. Ciò non toglie che un viaggio in Circumetnea può essere un’esperienza suggestiva per scoprire scorci del vulcano e paesaggi meno noti della Sicilia orientale.

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Non aspettatevi vagoni con aria condizionata perché il treno è composto da un unico vagone e già a partire dalla stazione di Catania Borgo, nei suoi colori tipici rosso e giallo ocra, si entra in una dimensione insolita. Spesso i locomotori sono vecchi, sbuffano, fischiano, ad eccezione del nuovo treno Vulcano su cui è possibile caricare la bici, ma effettua una sola corsa al giorno. Tutti i treni, però, hanno la capacità di portarci su strade difficilmente accessibili, attraverso paesaggi bellissimi e di far dimenticare per qualche ora  il telefonino.

L’avventura inizia dalla stazione Catania Borgo che con la stazione ferroviaria centrale non ha nulla da spartire: per raggiungerla si sale lungo la via Etnea e all’altezza di via XX Settembre si prende via Caronda e si comincia a salire perché la stazione si trova nella parte alta della città di Catania e non la vedrete finché non ci sarete di fronte. Attenzione agli orari perché ci sono poche corse e nei festivi non circola. Io consiglio di svegliarsi presto e prendere la corsa delle 7:55 perché il viaggio è lungo e dovrete impegnare tutta la giornata.

cartina-tracciato-fce_500Quando il locomotore vi si parerà davanti non potrete credere ai vostri occhi: l’intero treno è grande come un vagone della metro di Milano. Si sale e si attende con ansia la partenza.

L’abbrivio è rumoroso, suoni a cui non siamo più abituati, oggi tutto così ovattato. Il primo tratto non è particolarmente interessante essendo la periferia di una grande città. Misterbianco, Paternò, Adrano, Bronte fino a Randazzo si percorrono in due ore e quaranta minuti.

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Il paesaggio cambia man mano che si sale fino a toccare 922 metri a Rocca Calanna, dopo Bronte, la patria dei pistacchi: distese aride che si allungano fino ai monti Nebrodi, fichi d’india che crescono in ogni angolo, e poi ancora uliveti, aranceti scorci di natura dove non passa nessuna macchina. Il trenino si inerpica sbuffando e sgusciando su stretti percorsi e sbalzi nel vuoto da brividi. Poi il panorama cambia di nuovo e diventa scuro per i resti di colate laviche immense a ricordare che l’Etna è il vulcano più alto in Europa e uno dei più attivi.

Si arriva a Radazzo alle 9:49: qui conviene scendere per visitare la cittadina di origine normanna e prendere il treno 1781successivo alle 13:24. Come molte città siciliane dell’entroterra, Randazzo è un goiellino costruito tra l’Etna e il fiume Alcantara (quello delle gole) e da qui sono passati tutti i conquistatori lasciando un segno: i Normanni, i Lombardi, Aragonesi e Spagnoli e i monumenti, per quello che resta, trovano spesso il segno di riconoscimento dell’architettura normanno-sveva. Pur essendo il centro più vicino all’Etna, è sempre scampato alle eruzioni riuscendo a conservare il suo aspetto medioevale. La basilica di S.Maria è di origine normanno-sveva stile che si associa con quello gotico-catalano dei portali. Poi i palazzi aragonesi sulla via principale, la chiesa di San Martino costruita dai Lombardi venuti al seguito dei Normanni per conquistare la Sicilia possiede uno dei più bei campanili di tutta la regione in stile gotico siciliano del periodo normanno-svevo. Come si vede questa piccola città di 11mila abitanti raccoglie una storia secolare.

Il treno riparte ma ora la strada è in discesa. Qui il panorama è meno brullo, ricco di vigneti del famoso vino dell’Etna, ma anche frutteti, aranceti, ulivi e gli immancabili fichi d’india. Da questa estate si organizzano anche visite alle cantine della zona, ma soltanto pochi giorni al mese . Manca ancora poco e già in lontananza si scorge il mare di Riposto, il capolinea. La cosa migliore, però, è scendere la fermata prima a Giarre e prendere il treno delle Fs per Catania o Taormina che passano ogni mezz’ora. Siamo così arrivati alla fine della nostra attraversata spero che l’abbiate trovata interessante, io sì e attendo i vostri suggerimenti. Buon viaggio.

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Etna, il vulcano patrimonio dell’Umanità

Se avete intenzione di fare un giro in Sicilia non perdetevi una salita sull’Etna. E’ una delle nostre meraviglie che spesso non conosciamo,  patrimonio dell’Umanità che da Catania si erge lungo la via Etnea fino ai piedi del vulcano. Una salita impegnativa se ci si vuole spingere fino al cratere centrale a 3340 metri, con la bocca incessantemente fumante di vapori provenienti dall’abisso. Quando sono salita la prima volta ero appena tornata dal Nepal e quindi mi sentivo pronta fisicamente per affrontare la salita impegnativa e che può essere effettuata soltanto con una guida esperta per i pericoli dei crepacci che si aprono lungo il cammino. Quindi armatevi di scarpe adeguate e giacche a vento perché la zona è sempre ventosa.

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La piazza di Nicolosi

Vi accorgerete subito che la salita all’Etna è diventata una meta turistica gettonatissima con tante agenzie che offrono tour più o meno impegnativi, ma è più divertente organizzarlo da soli si possono raggiungere mete interessanti a prezzi contenuti. Ed è quello che ho fatto prendendo l’autobus pubblico da Piazza Giovanni XXIII a Catania di fronte alla stazione ferroviaria alle 08:15, un bus che parte tutti i giorni d’estate e d’inverno per la modica cifra di 6,60 euro e in due ore si arriva ai piedi del vulcano. Sull’autobus si possono caricare le biciclette perché c’è chi arriva in cima e scende sulle due ruote, oppure con la mountain bike si possono percorrere tratte inesplorate.

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Il rifugio rimasto sepolto dalla lava

D’estate l’autobus è sempre pieno quindi meglio arrivare presto per non rimanere a piedi. Il percorso lungo l’Etna del sud è una avventura, circondato da vigneti, alberi da frutta, ricco di coltivazioni. La prima tappa è Nicolosi, definita la porta dell’Etna: mi fermo per un caffé al bar la Dolce vita, ma non resisto alla granita al caffé con panna. Quando si riparte l’autobus è completo molti di coloro che lavorano sull’Etna prendono questo mezzo per gli spostamenti quotidiani. La strada è alberata, ripida e piena di curve, spunta persino il tetto di una casa: è quello che resta del rifugio rimasto travolto dalla lava infuocata dell’eruzione del 1983. Dopo due ore si arriva al Rifugio Sapienza a 1900 metri. Qui finisce la corsa del bus e inizia quella delle funivie da qui partono le escursioni ai tanti crateri del vulcano. Ristoranti e negozi di souvenir occupano la piazzetta insieme alle agenzie turistiche perché per salire fin sulla cima del cratere a 3340 metri ci vuole una guida esperta. Ma gli scarponi da trekking? Ci pensa l’agenzia DSCF5646a fornire scarpe, calze e giacca a vento. Come quella di Pietro La Rosa  guida vulcanologica, scalatore e guida di professione ha scalato tutti i più importanti vulcani nel mondo. Di Nicolosi, Pietro ha fatto della guida turistica la sua professione e durante la risalita potete chiedergli qualsiasi cosa sui vulcani e le scalate.

11922789_1094239073939365_3310621008005806512_oEccoci qui pronti per la scalata, gli scarponi ci sono, giacca a vento pure partiamo alla volta della funivia. Quando arriviamo in cima ci guardiamo intorno e il panorama è straordinario, sembra essere sbarcati sulla luna, sabbia nera, crateri, vegetazione completamente sparita, coni neri-rossastri, crateri millenari spenti che sono stati nel passato infernali bocche di fuoco da cui sono usciti milioni di metri cubi di materiale che hanno contribuito a edificare questo colossale vulcano. Ma siamo solo all’inizio. Ci mettiamo in cammino: dall’alto il panorama è straordinario

11856439_1093149480714991_5788832183211604162_ol’azzurro del mare su questo cielo terso, lo sguardo che scorge in lontananza Taormina. Noi intanto saliamo tra crateri, fumi e sabbia rossa. Ma la parte più dura deve ancora arrivare perché per giungere in vetta al vulcano bisogna attraversare una vallata di lava essiccata, friabile, pericolosa e tagliente: dimenticate i 30 gradi di Catania, qui l’aria è gelida di alta montagna, i venti sono impetuosi e camminare su questo terreno è difficilissimo.

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Si cammina in queste condizioni per almeno due ore: ogni tanto Pietro si ferma per raccontarci dove siamo e che cosa sta succedendo attorno a noi, i fumi, l’odore di zolfo e in lontananza un panorama mozza fiato.

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Quando arriviamo alla punta massima del grande cratere di Nord Est a 3340 metri il fumo che esce dalla bocca del cratere centrale è avvolgente: arrivare in cima e provare l’emozione di porsi sull’orlo della voragine dove la suggestione del luogo, della vastità del cratere, i rigurgiti del vapore provenienti dall’abisso sono il respiro del mostro, con cupi boati in profondità, tutte sensazioni che tolgono il respiro. Sono salita altre volte a queste altitudini, ma arrivare in cima e trovare un cratere fumante è un’altra cosa. Nell’agosto del 2013 da questo cratere cominciò ad eruttare lava, era estate e da Catania si potevano vedere le lingue della lava che scavava solchi nella roccia. L’Etna è il vulcano più alto d’Europa ma soprattutto

11650798_1062611993768740_1543628944_nquello più attivo. E chi ha la fortuna di vedere fuoriuscire le lingue di lava avrà un ricordo unico: il magma che cola il fronte lavico e che si espande sotto gli occhi dei curiosi. Il ritorno è ancora più suggestivo con i crateri che ti portano fino al centro della terra in questo panorama lunare che non ha paragoni in Italia neppure le Dolomiti altro patrimonio dell’Umanità. Il ritorno è ugualmente impegnativo, altre due ore e mezzo tra crateri e sabbia laica che rendono difficile la discesa. Un’attività quella vulcanica che dura da millenni, Catania è stata ricostruito a causa di una eruzione disastrosa del 1693 e ancora oggi ne mostra i segni. Dai Nebrodi nasce il fiume Alcantara e scorre dentro le famose gole dell’Alcantara, formatesi da una eruzione vulcanica e oggi mostrano le sue formazioni rocciose a canna di organo uniche in Italia.

L’Etna è Monte, Sole, Fuoco e Neve. Esiste una Etna bianca quella invernale dove potere sciare sul versante nord del vulcano alla Pineta di Linguaglossa e gli impianti di sci (1 funivia, 1 seggiovia, 3 skilift dove fare sci alpinismo, discesa, escursionismo e ciaspole) di Piano Provenzana scendendo lungo la montagna guardando il mare e rendere magico il ricordo.

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Costa Rica, coast to coast #pura vida

Arrivare in Costa Rica e avere la sensazione di non essere mai partiti: il piccolo paese del Centro America che vanta una biodiversità naturalistica eccezionale, non è quello che uno immagina essere un paese caraibico, casino, allegria, musiche, danze, ma anche povertà ed emarginazione. Nulla di tutto questo, molto più simile all’Europa e all’America se non fosse per la natura lussureggiante. Premetto che l’impatto è stato deludente: traffico, smog, tutto carissimo non per niente viene chiamato la Svizzera del Centro America. Avevo deciso per un viaggio in questa parte del mondo perché l’altra parte è sempre meno frequentabile in questo periodo per il rischio terrorismo. E poi ero curiosa di vedere come questo paese era riuscito a coniugare ecologia e turismo, vantandosi di essere uno dei paesi più ecologici al mondo. Mi dispiace deludervi ma non è così: ho respirato più Pm10 in due settimane di viaggio coast to coast che se fossi rimasta a Milano, strade intasate dai camion di banane e ananas della Del Monte che raggiungevano il porto di Limon per essere spedite in Europa, niente tradizioni, si mangia male, i piatti della tradizione come il Casado, il Gallo Pinto dopo due giorni ti vegono a noia. Cultura inesistente, la capitale San José è una delle città più brutte che abbia mai visto con l’eccezione del teatro nazionale  e di una chiesa, luoghi organizzati per un turismo americano. Ma il Costa Rica è innanzitutto natura, un concentrato di flora e fauna difficilmente replicabile in altre parti del mondo che compensala mancanza del resto. Dalla costa Caraibica alla costa Pacifica lungo la cordigliera ricca di foreste pluviali e vulcani, il Costa Rica mostra la natura estrema che benché si cerchi di addomesticare, può presentare ancora qualche angolo incontaminato. Come il Tortuguero che la sua sola visita vale il viaggio.

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Da San José a Porto Viejo de Sarapaquì: un vecchio porto famoso ai tempi di Banana Republic è oggi meta di ecolodge e degli appassionati di kayak. Da qui si prende una barca e si risale il fiume Rio de Puerto Viejo fino al confine con il Nicaragua per immettersi nel Rio San Juan piegando verso il mare dei Caraibi per raggiungere il canale de Tortuguero: sei ore di navigazione per raggiungere questo parco diventato famoso perché qui nidificano le tartarughe. Pernottiamo al villaggio di Tortuguero, in una cabana sul mare con il sole che cala alle spalle. Al mattino all’alba si parte per una esplorazione del parco in canoa, un vero safari dove il paesaggio intorno, sul fiume, è surreale. Coccodrilli, iguane, scimmie, cormorani e mille uccelli tropicali.

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Lasciamo il Tortuguero con un po’ di nostalgia perché qui la forza della natura la tocchi con mano. Riprendiamo la barca e risaliamo il fiume lungo il Rio Pacuaré fino a Moin verso il porto di Limon: stare dentro al Tortuguero ti taglia fuori dal resto del mondo e la via del ritorno tra pellicani in cerca di cibo, bradipi appesi agli alberi, scimmie urlatrici che ti salutano ha qualcosa di magico. Davanti a noi il mare dei Caraibi e le sue spiagge immense come Porto Viejo famosa per le sue onde, la più famosa è la Salsa Brava, e i suoi surfisti, il parco di Cahuiti dove anche qui foresta e mare si toccano.

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A Porto Viejo da vedere il Jaguar centro de Rescate un asilo per animali feriti, orfani salvati allo scopo di riprodursi in un habitat naturale. Il fondatore è un italiano: qui si possono vedere gli animali da vicino, curati e accuditi c’è persino una nursery per le scimmiette e per i bradipi tenerissimi. A proposito dei bradipi, qui ho scoperto che sono animali a sangue freddo che si muovono lentamente per non sprecare calore e i piccoli si aggrappano alla mamma, ma non sono marsupiali.

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Il giaguaro insieme al puma dal manto color miele è il felino che abita questo paese. E’ difficile da vedere e ci sono pochi esemplari: il centro prende il nome dal giaguaro perché è stato il primo animale ad essere salvato dal centro di recupero di Porto Viejo.

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Dal mare dei Caraibi a Monteverde 

Salutiamo il mare dei Caraibi per addentraci all’interno del Costa Rica. Il paesaggio cambia da subito: colline verdi lungo un sali e scendi di strade per arrivare ad Orosi dove il caldo dei Caraibi ormai un ricordo: clima asciutto, da montagna, si dorme con il piumino e di sera si esce con la maglia pesante. Questa valle è famosa per il caffé, si possono visitare le coltivazioni e imparare da dove nasce e come viene lavorato il nostro amato caffé. Il clima è perfetto, suolo fertile e abbondanza di acqua e sorgenti termali. E’ la cordigliera di Talamanca, ricca di vulcani che creano sorgenti termali di acqua calda. Da Orosi ci dirigiamo verso Monteverde, il punto di partenza delle escursione al Bosque nebuloso. Si arriva a Sant’Elena dopo una lunga attraversata tra le colline fiorite e strade sterrate: qui siamo nel Guanacaste, il cuore del Costa Rica naturale, con vulcani, parchi e fiumi dove si i può fare tutto, scalare montagne, fare rafting, visitare la foresta nebulosa avvolta nella foschia, in mezzo ad animali di ogni specie.

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La zip-line è il modo migliore per visitare il parque nebuloso de Monteverde: ci si appende a un cavo e ci si lancia anche per un intero chilometro sopra le cime degli alberi, sembra di volare e sotto solo foresta. E’ una esperienza entusiasmante. Ci sono zip-line in tutta la Costa Rica ma quelle più belle sono qui a Monteverde dove è nata la prima zip-line.

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La natura entra anche al ristorante: al Tree house di Monteverde si può mangiare sui rami dell’albero secolare. Il Tree house è nella lista dei ristoranti più strani al mondo.

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Il Costa Rica è pieno di vulcani che si snodano lungo le cordigliere da Nord ovest a Sud est: il più famoso è il vulcano Arenal, riconoscibile per la sua forma conica, è un’ottima destinazione per trekking e sorgenti termali. Da provare le Terme di Baldi a La Fortuna, in stile liberty potrete passare una serata a mollo nelle acque calde sorseggiando un cocktail, pura vida.

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A pochi chilometri da San José c’è questo simpatico vulcano Poas: facile da raggiungere, meta domenicale dei costaricensi, il vulcano è ancora attivo e lo si vede fumare attorno alla laguna Poas di un colore verde da laguna blu.

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Da La Fortuna, invece, si può raggiungere il vulcano spento Irazu a 3.400 metri di altitudine, raggiungibile tranquillamente in bus.

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Cascate, cascatelle  si scorgono ad ogni angolo e in alcuni casi si può fare il bagno

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Montagne, cascate, vulcani, sorgenti termali questa è la regione del Guancaste che regala grandi emozioni per chi ama la natura ma è anche una giostra per turisti. Per ogni fiume, per ogni cascata, per ogni giungla innumerevoli sono le opportunità turistiche offerte: rafting, trekking organizzati, passeggiate sui ponti sospesi, zip line e molte altre. Tutte estremamente costose e create ad hoc per soddisfare il mercato europeo e americano. Nel paese di La Fortuna, chiamato così per essere scampato all’ultima devastante eruzione dell’Arenal, si trovano solo agenzie turistiche, ristoranti, ostelli e alberghi. È a tratti sconsolante tutto questo sfruttamento turistico, difficile trovare angoli fuori dai circuiti delle agenzie. Però tutto questo ha permesso di creare un’economia che preservasse la natura circostante. È anch’essa una industria, ma meno devastante di altre nei confronti dell’ambiente. Ben venga, anche se i trekking nella giungla per osservare gli animali paiono sempre di più passeggiata nello zoo.

Dai vulcani all’Oceano Pacifico 

Lasciamo il Guanacaste per dirigerci verso l’Oceano Pacifico e in particolare Playa Tamarindo, uno dei luoghi più vivaci con ristoranti, bar e il surf che fa da sfondo, la birra Imperial, il casado e la frutta tropicale. Qui ci sono le condizioni migliori per cavalcare le onde, tutti ci provano a trovare l’equilibrio sulla tavola: per la modica cifra di 45 dollari l’ora si possono prendere lezioni in una delle tante scuole che si susseguono sul lungo mare.

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Tra le più belle spiagge vicino a Tamarindo ci sono Brasilito e Playa Conchal, quest’ultima una spiaggia bianca di conchiglie, frequentate dai locali che si incontrano per un bagno e una grigliata di pesce fresco. Completamente diversa da Playa Tamarindo, più selvaggia, baretti locali, si può nuotare fino alla barriera corallina, non è quella australiana ma qualche pescetto colorato si può osservare. Se volete passare una giornata in completo stile costaricense cominciate con la tavola del surf o più semplicemente lo snorkling, ma potete fare anche una passeggiata a cavallo lungo il mare.

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Da Playa Tamarindo si spostiamo verso sud, una costa quella del Pacifico su cui si è abbattuta la speculazione immobiliare, grattacieli abitato dai ricchi americani che con la pensione si sono trasferiti in questo paradiso. Andando verso sud si trovano alcune delle spiagge più belle: Punta Arenal, Playa Hermosa, Playa Balena. Fino a uno dei parchi più belli, ovvero Manuel Antonio. Una riserva minuscola, un istmo di terra sulle cui sponde si trovano spiagge incantevoli. Nel promontorio foresta selvaggia popolata da bradipi, iguane, serpenti, scimmie, procioni. E poi tucani, aquile e coloratissimi pappagalli. Potete spingervi fino al Parque Nacional de Corcovado altre due ore di viaggio per ritrovare l’ultimo lembo ancora intatto di una natura paradisiaca. 

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Sulla spiaggia si trovano questi simpatici bradipi appesi alle palme e passano tutto il giorno senza muoversi.

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Sul sentiero si incontrano atletici daini, simboli del parco

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Il formichiere non è facile incontrarlo, ma qui abbiamo avuto questa fortuna

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Le scimmiette noiose, i cebi capuccini. ti inseguono lungo i sentieri del parco fino a quando non le scatti una foto

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Il dolce pizote ci saluta e noi salutiamo questo paese un po’ parco giochi un po’ zoo da vedere prima che la mano dell’uomo lo rovini completamente.

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Quegli Infernot del Monferrato patrimonio dell’Umanità

Quando viaggi è la curiosità che ti porta: puoi fare migliaia di chilometri lontano da casa oppure soltanto qualche centinaia e scoprire mondi nascosti, che raccontano un passato lontano. Sapete che cosa sono gli #Infernot? Io l’ho scoperto una domenica uggiosa di febbraio quando tra la distrazione generale e la rilassatezza di una campagna quella del Monferrato che ti accoglie tra le sue prelibatezze, qualcuno ha pronunciato la parola magica Unesco.

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E sì perché una parte di queste terre, le Langhe e il #Monferrato, dal 2014 sono patrimonio dell’Umanità e a potersi fregiare del prezioso riconoscimento sono anche gli Infernot, parola sconosciuta con una assonanza simile al grammelot quella lingua strana di Dario Fo, ma credo non 20160227_163659centri nulla. In questi momenti ti senti piccolo e provinciale: percorrere migliaia di chilometri alla ricerca dell’esotico per poi scoprire che dietro casa ci sono tesori invidiati da tutto il mondo.  Ecco allora spiegato il mistero degli Infernot: piccole camere sottoterra, scavate nella pietra da Cantoni, una roccia calcarea, simile al tufo, proveniente da sedimento marino, facilmente scavabile e lavorabile. Marino? E dov’è il mare, ci sono solo colline. Qui tutti raccontano che oltre 2 milioni di anni fa tutta la pianura padana fino alla zona delle Langhe e del Monferrato era coperta di acqua, il mare Adriatico era molto più esteso di oggi. Poi quando le terre emersero, non chiedetemi quando e perché, la prima terra a sbucare fu proprio il Monferrato circondato da formazioni calcaree, il cui passato marino è ancora oggi evidente nei tanti fossili che si possono scorgere tra le rocce.

IMG-20160227-WA0014Gli Infernot riconosciuti dall’Unesco sono scavati in questa pietra marina, stanze senza luce ed aerazione, raggiungibili attraverso la crota, ovvero una cantina, utilizzati per conservare vino e alimenti. La parola Infernot ha una origine francese e significa la cella più angusta del carcere, insomma un vero inferno. Gli Infernot scavati nella pietra arenaria sono gli unici riconosciuti dall’Unesco e dei 47  rimasti nel Monferrato soltanto 9 (tra cui quello nelle foto di Cella Monte) sono oggi patrimonio dell’Umanità. La loro profondità può arrivare fino a 17 metri sotto la superficie e mantiene una temperatura costante tra 14 e 16 gradi tutto l’anno.  Oggi si possono definire come opere architettoniche uniche e originali, costruite con pochi e umili attrezzi, con i segi degli scalpelli ben evidenti nella roccia, una abilità oggi riconosciuta dall’Unesco che li ha definiti “singolari manufatti architettonici” a rappresentare “la radicata cultura del vino e dello straordinario paesaggio modellato dal lavoro dell’uomo”.

Wine Therapy tra le colline 

Le colline del Monferrato non finiscono di stupire. Messe in competizione con le Langhe cercano di mostrarsi al mondo per quelle che sono: meno eleganti e curate delle colline limitrofe, rimaste al margine del fortunato riconoscimento Unesco che ha fregiato del prestigioso titolo soltanto gli Infernot, più accessibili se si pensa che un ettaro delle Langhe può costare fino a un milioni di euro.

IMG-20160227-WA0011Questo non toglie che tra queste colline si possano trascorrere tranquilli fine settimana romantici tra piatti ricercati e attrazioni fantasiose come la Wine Therapy antiage di Ca’ San Sebastiano a Camino in provincia di Alessandra, a cinquanta minuti da Torino. L’esperienza del bagno nel barbera ti fa ubriacare soltanto a pensarci, poi scopri che come per magia si trasforma in realtà. Per chi è allergico all’alcol è meglio che si dedichi ad altre distrazioni.

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Il Wine Resort della famiglia Vellano, sulla strada per Castel San Pietro, un tempo casolare di campagna, ristrutturato negli anni 2000 quando le Langhe e il Monferrato ricominciarono a diventare meta del turismo straniero, ti accoglie offrendoti una crostata della casa con la marmellata rigorosamente fatta con la frutta coltivata da loro che si può vedere sporgendosi sulla vallata dove sorgono le vigne e i frutteti: è l’antipasto prima di immergerti nella Spa tutta in legno e vetrate da cui godere un panorama mozzafiato.20160227_113738

L’odore del vino ti travolge prima che tu possa fare qualcosa: tinozze in legno per un veloce idromassaggio, una vasca con acqua termale, sale massaggi da fare in coppia e gran finale la vasca idromassaggio al vino. Il colore rosso del liquido e il suo odore sono inequivocabili e una volta immersi si può godere del tepore sorseggiando un calice di moscato. All’uscita, una doccia veloce, qualche momento di relax bevendo questa volta una tisana per spegnere i fumi dell’alcol e via al ristorante dove si pasteggia con il vino della casa Barbera, Grignolino che portano i nomi degli avi ma c’è anche Osiri in onore di una statuetta egizia ritrovata negli scavi della cantina. In primavera le colline del Monferrato diventano teatro per ciclo turisti con tragitti accessibili a tutti specialmente per chi affronta i runner in e-bike.

Costa Rica, il giaguaro del Parque Nacional Corcovado

C’è un angolo del Costa Rica ancora poco esplorato dal turismo di massa perché lontano da raggiungere ma che rappresenta l’ultimo angolo di paradiso perduto, popolato da una variegata fauna che vive in un paesaggio tropicale unico. non si ancora per quanto tempo: è il Parque Nacional Corcovado. Raggiungerlo è un viaggio nel viaggio, qui a Bahìa Drake terra e mare si toccano.

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Il punto di partenza è Sierpe un piccolo villaggio sul Rio Sierpe da dove partono le imbarcazione per Bahia Drake. Prima di arrivare a questo piccola località circondata dalle coltivazioni di Palma americana da dove si estrae l’olio di Palma, fate una sosta al Parque Nacional Manuel Antonio sulla costa del pacifico. Partiamo da qui, in pulman, percorrendo la costa: le alte onde da surf su un lato e la fitta foresta verde dall’altro accompagnano la litoranea dove si scorgono alcune delle più belle spiagge del Costa Rica, Playa Hermosa e Playa Balena, quest’ultima prende il nome dal parco nazionale a forma di coda di balena. Il caldo è soffocante 30 gradi fissi. Poco dopo Playa Balena, si lascia la costa per inoltrarsi all’interno dove si estendono a perdita d’occhio le coltivazioni di Palme americane gestite da Palma Tica il più importante produttore del paese. Il paesaggio è disegnato da piccole abitazioni semplici e colorate, collocate in mezzo ai palmeti. Qui si trovano a tratti le famose sfere di pietra che ornano i giardini e il parco archeologico di Sierpe, qualcuno le fa risalire all’epoca precolombiana. La loro origine resta un mistero: enormi e perfettamente rotonde nulla si sa delle tecniche impiegate per la loro realizzazione e non se ne conosce neppure il significato. Qualche pietro è stata fatta esplodere perché si pensava che al loro interno si nascondesse un tesoro misterioso.

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Se avete tempo prima di imbarcarvi per Bahia Drake fate un giro attorno al villaggio di Sierpe e potrete incontrarle, impossibile non notarle perché sono enormi. Dal Parque Nacional Manuel Antonio Antonio a Sierpe ci vogliono circa due ore e mezza. Le lance per Bahia Drake partono da Sierpe tutti i giorni alle 11:30 quindi organizzatevi. Il piccolo villaggio di Sierpe offre tutto quello che serve per una breve sosta: accanto al molo, si trova la Perla del Sur un ristorantino all’aperto con il wi-fi gratis. E’ il centro di ritrovo dove comprare i biglietti delle lance, mangiare, bere qualcosa e parcheggiare l’auto. C’è anche un piccolo albergo per chi arriva troppo tardi per l’imbarcazione: l’unico presente è l’hotel Oleaje Sereno.

Sierpe aspettando la lancia per Bahia Drake

Sierpe aspettando la lancia per Bahia Drake

Per arrivare a Bahia Drake, si risale il Rio Sierpe fino al mare: una lunga attraversata di più di un’ora in mezzo a canali e corsi d’acqua che si snodano attraverso la palude di mangovie: sono le terre umide dello Humedal Nacional Terraba-Sierpe, una riserva piena di aironi, cormorani e garzette. Quando si arriva al mare lo si capisce dal cambiamento delle onde, via le mangrovie e dentro la foresta mentre  all’orizzonte si scorgono la costa e la presenza dell’uomo con i tralicci della luce e del telefono perché il wi-fi non ci abbandona mai.

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L’arrivo a Bahia Drake è un salto nella natura, Pura Vida assoluta. E’ una delle zone più remote del Costa Rica, la più isolata e per questo la più incontaminata dall’azione dell’uomo, un paradiso in mezzo alla natura popolato da animali tropicali che abitano questa foresta di palmeti e fiori multicolori. Ci sono alcuni lodge che rimangono nascosti nella natura (Cabinas El Mirador è consigliato), si mangia e si fa colazione su una terrazza sospesa tra la foresta e il mare. Da qui si parte per visitare il Parco del Corcovado che dista circa due ore di navigazione. Le distanze sono la dimostrazione di quanto lontano sia questo gioiello ecologico, un vero paradiso che da solo vale il viaggio in Costa Rica. Dal terrazzo del lodge si può ammirare il tramonto mozzafiato, sorseggiando una pinacolada o una batida di mango o papaia.

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Si parte da Bahia Drake per visitare il Parque Nacional Corcovado definito da National Geographic il luogo a più alta concentrazione biologica del pianeta: questo parco nazionale protegge l’ultimo grande tratto di foresta pluviale tropicale dell’America Centrale affacciato sul Pacifico. Per raggiungere il parco ci si sveglia all’alba e si parte con la lancia al mattina alle 6:30 al Parco si arriva verso le 8 del mattino. La visita di sei ore è abbastanza caro: 80 dollari con un pasto. Il costo elevato è dovuto al fatto che nel parco si entra soltanto con le guide autorizzate, un obbligo entrato in vigore nel 2014 per limitare il bracconaggio, il disboscamento abusivo e i cercatori di oro. Il viaggio verso il parco, circa due ore, è emozionante, mare turchese, spiagge isolate fino ad arrivare alla costa che ci porterà all’interno del parco. Qui incontriamo le nostre guide che ci accompagneranno in mezzo alla giungla umida, con una temperatura elevatissima, piena di insetti meglio dotarsi di acqua e di repellente per le zanzare. I percorsi si snodano all’interno del parco tra il Rio Sirena e il Rio Claro, in mezzo la Stazione delle guide di San Pedrillo dove prenotando in anticipo si può pernottare.

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La nostra visita arrivava dopo una notte di pioggia incessante: la foresta era più umida del solito e gli animali a causa della pioggia erano in ritardo. Il primo incontro è stato con un tapiro, difficile da incontrare, in genere è mattiniero e si porta sulla riva del fiume per cibarsi.

Il formichiere

Il tapiro

Al mattino presto è possibile incontrare anche il coccodrillo sul Rio Sirena in cerca di cibo dopo la pioggia.

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Con il loro ruggito impossibile non scorgere le scimmie urlatrici che iniziano a dare mostra di sé fin dalle prime ore del mattino

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Dispettose e inavvicinabili i cebi capuccini sono scimmiette che si possono avvistare regolarmente nei parchi, se ben disposte si mettono in posa per la foto

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Il giaguaro è uno dei felini che abitano i climi tropicali e raramente si avvistano al Parco. Ache i puma con il manto color miele si possono incontrare al Corcovado. Questo è un giovane puma che la nostra astuta guida di Utopia Drake è riuscito a scovare.

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Un momento di relax prima di ripartire, mentre il caldo si fa atroce e si legge sulle nostre facce sudate

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Lasciamo il Corcovado con un po’ di tristezza, troppo breve e troppa gente rumorosa per riuscire a vedere tanti animali. Un assaggio di paradiso, una delle poche mete per cui vale la pena un viaggio in Costa Rica.

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